venerdì 18 giugno 2010

La lunga Gravidanza del mio amico G.


Ieri dopo un'impegnativa mattinata di numeri e prospezioni esco a pranzo con il mio amico e collega G.
Ci servono l'antipasto e tra un carciofino e un'oliva finiamo di commentare il business plan che abbiamo preparato, l'affidabilità del cliente e l'esito probabile di tutto l'ambaradàn che abbiamo messo in piedi. All'arrivo del secondo abbiamo esaurito gli argomenti legati al lavoro.
Quando arriva il caffè non mi tengo più e faccio la fatidica domanda. “Come va? Avete novità?”.
G. e la moglie hanno fatto domanda di adozione credo almeno due anni fa, hanno seguito i corsi preparatorii ed hanno infine scelto l'adozione internazionale. Sanno che il loro figlio, o figlia, verrà da un Paese africano, uno dei più poveri e travagliati, dove oltretutto c'è anche la guerra.
Gli occhi di G. si fanno grandi e profondi. Guarda da una parte e nemmeno io so più dove guardare; mannaggiammè e alla mia lingua lunga, ma non potevo farmi i fatti miei, ma perchè mi vado sempre a cacciare in queste situazioni, sono un'idiota, penso, nella frazione di un secondo.
Solo che proprio non riesco a trattenermi quando si tratta di storie di famiglie, di mamme papà e bambini, figli di pancia o figli di cuore poco importa. Non ce la faccio, ho ancora io stessa troppe ferite aperte, e allora cerco studio guardo e indago, cerco soprattutto risposte, forse stupide rassicurazioni quando confronto il sogno della famiglia che avevo da bambina e quello che poi è in realtà accaduto. Tutto un altro film.
Così guardo i film degli altri, imparo, mi consolo, prendo esempio, mi arrabbio e mi rattristo oppure mi rallegro e penso a quanto sono fortunata. Che vergogna: non trovo ancora pace in me stessa, non sono abbastanza matura e saggia. Unica attenuante, offro in cambio un cuore di burro (me l'ha messo nel petto mio figlio quando è nato) pronto a sciogliersi in modo perfino imbarazzante davanti alle storie degli altri, soprattutto se si tratta di bambini.
Ma torniamo a G.
“Sai, stiamo aspettando” mi dice. “E' dura, durissima. Io e L. ci siamo imposti di non pensarci perchè altrimenti stiamo troppo male. Ci siamo detti, facciamo del nostro meglio, facciamo bene e in fretta tutto quello che possiamo e poi cerchiamo di non pensarci.”
Io faccio la solita domanda che si fa ad una mamma o un papà in attesa. “E' maschio o femmina? Lo sapete già?” E G. con una semplicità disarmante: “No, ma va', non abbiamo nemmeno l'abbinamento..."
Eh già. In effetti, quando aspetti un bambino non sai il nome, non conosci il viso. Sai solo che c'è, da qualche parte, e fin quando non lo senti scalciare non sai nemmeno bene dove.
G. continua.
“C'è una coppia qui che è in attesa per il nostro stesso paese e hanno già l'abbinamento. Lo hanno visto solo in fotografia”
Proprio come quando fai l'ecografia.
G.fa un respiro profondo. “Anche il bambino ha le loro foto”aggiunge. “Dall'istituto gli hanno detto che gira tutto il giorno con le braccia attorno al corpo, come per abbracciarsi, con la foto di mamma in una mano e di papà nell'altra”
“Sai, là c'è la guerra e tante malattie brutte. Il bambino è in istituto ma anche lì non è al sicuro. Può morire da un giorno all'altro e loro stanno letteralmente impazzendo perchè non possono andarlo a prendere. E sono solo questioni burocratiche sai, lungaggini inspiegabili.”
Gravidanza a rischio.
Si aggiusta sulla sedia e io non so più dove guardare, ho in gola il classico nodo da manuale, anzi è un nodo di Gordio che non si scioglie e cominciano a pizzicarmi gli occhi. Non voglio che si accorga che mi sono commossa, e poi è imbarazzante perchè sbirciando vedo che anche lui ha gli occhi lucidi.
Così capisco che non fa una grande differenza che conosca o no il nome di suo figlio. Non conoscendolo, è diventato papà di un intero paese, anzi di un continente.
Anzi adesso ho capito, è incinto, sta per diventare papà di tutti i bambini del mondo. Certo che è incinto, non serve mica l'utero per aspettare un figlio, basta il cuore e quello ce l'hanno tutti, uomini e donne.
Lo dico sempre che mio figlio mi ha resa mamma di tutti i bambini del mondo, ora mi rendo conto che ho scoperto l'acqua calda. Non è successo solo a me, succede a chiunque accolga o si prepari ad accogliere un bimbo. Sono i bambini che ti rendono genitore, con la loro stessa esistenza. Con il loro disperato bisogno di una mamma e di un papà. Figli di pancia o figli di cuore poco importa.
Ogni tanto mi capita di ascoltare la canzone di Povia, “I bambini fanno oh”, non chiedetemi perchè (non lo so) ma mi tocca in modo incredibile...
E appunto, c'è una frase che dice
perchè mi lasci solo, senza qualcuno nessuno può diventare un uomo
E giù lacrimoni!
Tacciamo tutti e due, io e G. , e dopo alcuni interminabili secondi arriva il cameriere e ci tenta con un dolce fuori tempo massimo. Arrivano due coppe scandalose di gelato alla crema fatto in casa con, udite udite, zabaione caldo! A giugno! Un anacronismo nel quale ci tuffiamo armati di cucchiaini col manico lungo.
Mangia il tuo gelato, caro G., non ti farà male anche se sei incinto. Speriamo che passi in fretta, che tuo figlio arrivi prestissimo, che la tua interminabile gravidanza finisca. Entro l'anno, sarebbe troppo bello Natale con tuo figlio. Ma sappiamo che questo non è un mondo perfetto.
PS Il video all'inizio è un pò crudo, ma resistete 3 secondi, fino a quando inizia la canzone, e guardatelo. L'ho scelto tra gli altri perchè ha foto di bambini veri e di tutti i colori

1 commento:

  1. Mi piace leggere quello che trovo in queste pagine, così dopo una giornata intensa,metto da parte registri e verifiche da correggere(faccio la maestra..) mi rinchiudo in cucina..e leggo. a volte scrivo, come questa sera. Voglio raccontarvi di C. e W.,di J. e N. di D.e G. Sono tutti i bimbi adottati che frequentano la scuola nella quale insegno... Sono state tutte adozioni difficili e sofferte, sia per le famiglie che per noi maestre che, da quando la segreteria ci avverte di nuovi inserimenti, cominciamo ad aspettare questi bimbi, quasi come fossero nostri. Ogni mattina riceviamo qualche notizia dalle famiglie; chi è all'estero in attesa del visto sui documenti per ripartire, chi invece pensava di avercela fatta ma per un motivo o per un altro deve rinunciare a quel bimbo tanto desiderato. Non è mai facile, ma speriamo sempre che tutto possa accadere. La maternità e la paternità seguono mille strade diverse, chiedendo a chi si appresta a viverle enormi sacrifici. Forza! Possiamo ancora farcela!

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